#iomiproclamo
#Iomiproclamo è il podcast in cui imparerai a creare la tua marca personale, attraverso un percorso completo che poggia le sue fondamenta sulla naturale vocazione e talento dell’individuo.
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04 – Realizza i tuoi obiettivi individuando target e punti forti
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03 – Impara a fissare gli obiettivi giusti
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02 – Come stabilire vision e mission della tua marca personale
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01: Cos’è una marca personale e perchè ne hai bisogno
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Cosa dice chi lo ascolta
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Sono nata Atena.
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Ero una bambina determinata, con le idee chiare. Facevo molte domande (dall’esistenza di Dio al perché delle dimensioni ridotte di Polly Pocket), tessevo strategie e cercavo le attenzioni delle ragazze più grandi, occasionalmente mossa dai vezzi di una piccola Persefone che a volte diventava Afrodite.
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Gli Inferi sono arrivati in fretta. Avevo cinque anni quando si è aperta la terra. Si presentò all’improvviso una realtà buia, dove la mia corazza d’oro non serviva più: avevo bisogno di un mondo parallelo fantastico per sopravvivere all’Ade.
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Sognavo molto quando ero malata, e creavo i miei propri riti. C’erano fate, miti, nuvole, mani capaci di dissolvere difetti e gonfiori.
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Poi la ghiandola è andata, risucchiata con perizia in una asettica stanza chirurgica.
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Arrivò la primavera.
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Per un po’ sono stata la Persefone liberata, la donzella stretta dalle calde braccia della sua Demetra. Atena, annichilita da quel lungo periodo di rodaggio, dormiva placida e scomposta, con l’elmo abbandonato sul pavimento a qualche metro dalla sua testa ciondolante. La mia luce si è espansa per diventare diffusa. Il mio obiettivo era ora la benevolenza altrui.
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Con le prime sembianze di donna sono diventata Era. Cercavo con ossessione la mia metà, e rovesciavo tutto il mio mondo sugli uomini che incontravo per caso e sceglievo con determinazione. A vent’anni o poco più trovai Zeus. Forte, determinato, ma anche truffaldino, un abile menzognero, che con una cieca per scelta aveva vita facile. La mia ira non si rivolgeva quasi mai a lui: la colpa era delle tentatrici, delle Afrodite passeggere che non avevano nessun riguardo per i miei progetti di coppia.
Se sparivo lui tornava a cercarmi, e in qualche modo ce la faceva sempre, a riportarmi nell’Olimpo al suo fianco.
Negli intervalli, quei brevi momenti di solitudine furibonda che cercavo per mettermi in salvo da un qualcosa che io per prima proteggevo armigera, mi cullavo nel mio mantra preferito: “una come me non la troverà mai”. Mi bastava per vegetare senza il suo riflesso, di cui però mi servivo per vivere.
Proprio come Era.
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[continua nei commenti]
#iomiproclamo 🎙 la guida illustrata 👩🏻🎨
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Finalmente il gran giorno! Io e @ester.land ci lavoravamo da un bel po’ a questo progetto, tenendoci pronte per festeggiare con voi il grande traguardo: i 10 mila ascolti del mio podcast, #iomiproclamo 🌟
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Per chi non sa cos’è #iomiproclamo, ecco un veloce riepilogo:
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📌#Iomiproclamo è il podcast in cui imparerai a creare la tua marca personale, attraverso un percorso completo che poggia le sue fondamenta sulla naturale vocazione e talento dell’individuo.
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📌Puoi ascoltarlo sul mio sito ariannalai.it (troverai anche degli articoli collegati), su Spotify o su Apple Podcast.
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📌Sono 10 puntate, per oltre 200 minuti di audio! (Trovi più info anche nelle mie storie in evidenza)
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⚠️Oggi puoi ricevere la guida con le bellissime illustrazioni di @ester.land , e ascoltare il podcast con questo magnifico supporto visivo.
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➡️Ottenerla è semplice, devi solo⤵️
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1. Condividere questo post nelle tue storie taggando me e @ester.land (se hai il profilo privato mandami uno screen dell’avvenuta condivisione).
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2. Attendere il DM di risposta con il link.
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3. (Questo è un extra, ergo solo se ti va) se sei tra quelli che hanno già ascoltato il podcast e ti va di scrivere una piccola recensione nella tua condivisione, per me sarebbe una gran ricompensa del lavoro svolto ☺️
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Grazie e buon lavoro a tutti💖
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#marcapersonale #personalbrand #capodimestessa #ikigai #mondofreelance #donnefreelance #vitadafreelance #imprenditricicreative #donneimprenditrici #imprenditoriafemminile #libereprofessioniste #autostima #crescitaprofessionale #guidaillustrata
Stare online non è sempre facile.
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Quando crei contenuti per mestiere (e sei quindi un content creator) oppure sfrutti i social per raccontare la tua professione e lavorare alla tua marca personale, vai incontro a una dinamica tristemente nota da chiunque abbia utilizzato i social in maniera attiva: l’ansia da prestazione. O, in alcuni casi, l’ansia da “ricezione”.
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Sono tanti i problemi che si verificano nella quotidianità di chi sta online. Provo a snocciolarvene alcuni, sia per fare un po’ d’ordine, sia per far sapere a chi fruisce di contenuti cosa si nasconda dietro la vita di chi mette a servizio la propria creatività e/o professionalità.
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1. Paura di non veder riconosciuto il proprio sforzo.
2. Paura di non essere rilevante.
3. Paura di non avere più niente da dire.
4. Paura di ricevere critiche/insulti.
5. Paura di essere copiato.
6. Paura che nessuno si accorga della sua assenza nel momento in cui dovesse gettare la spugna.
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Spesso si spendono delle ore per realizzare un contenuto che poi non ottiene il risultato sperato in termini di like, commenti, condivisioni. E se non pubblichi non cresci. Anzi, inizia il lento e inesorabile processo di spopolamento della tua community.
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Tutto questo, facilmente misurabile con numeri in grassetto, porta anche ad un’altra azione, nociva quanto frequente: la comparazione compulsiva.
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“Guarda, Tizia è cresciuta tantissimo. Tutto perché l’ha menzionata Caia!”
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“Tizio ha usato una mia idea ma aveva più followers di partenza e quindi gli è andata meglio.”
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“Sempronio sta andando alla grande, e io invece?”
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Questo accade per due ragioni. La prima è che siamo umani, ed è insito nella nostra natura cercare riconoscimento, acclamazione. Il narciso che c’è in noi, più o meno silente nella normalità offline, quando ci mostriamo online ha bisogno di essere nutrito dall’abbraccio collettivo. Perché per quanto possiamo essere consapevoli che le Vanity metrics non sono quelle che fanno la differenza in termini di business, tutti i content creator sanno che un +1 è molto meglio di un -1.
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[continua nei commenti]
Ho visto una decina di case prima di questa. Una l’ho anche quasi comprata. Eppure la vita è saggia, e le cose sono andate storte, e quella casa non ce l’hanno data più.
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Solo due giorni dopo ho visto lei.
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Ricordo perfettamente la sensazione di… casa.
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Ho visto le librerie incassate alle pareti e l’ho sentito.
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Il brivido, il crampetto, un solletico quasi impercettibile nella bocca dello stomaco.
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“È lei. Esta sí que sí.”
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Oggi, dopo quattro mesi di attesa infinita, sono qui a scegliere il primo la libro da leggere.
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E sono felice. Schifosamente felice.
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E non solo per la casa di per sé, come mura bianche e pavimenti caldi, ma per qualcosa di più grande.
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Questa casa è un simbolo.
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Ogni volta che toccherò le sue pareti mi ricorderò che basta avere pazienza e crederci abbastanza.
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Grazie per essere stati con me durante questo lungo viaggio, per il quale, posso dirvelo fin da ora, ne è davvero valsa la pena.
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Sto vivendo un sogno, ed è bello poterlo condividere con voi.
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#ahorasi #micasa #raccontatisempre #dietroadognifotounastoria #littlestoriesofmylife #faidellordinariounapoesia #esercizidibellezza #rincorrerelabellezza #feliceadesso #seminailbello #vivodiparticolari #hounastoriaperte
Ormai lo sapete: faccio continuamente introspezione e comparazioni tra periodi storici vissuti e da vivere. Direi che un buon 80% dei miei post inizia con “x anni fa”. È una cosa che mi piace troppo, quella del misurare i traguardi. Il che è perfettamente linea con la mia persona, la stessa che a lavoro la maggior parte delle volte si inventava le statistiche per i report di fine mese perché voglia di prendere una calcolatrice in mano non ne aveva proprio.
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La questione è che a me non piacciono i numeri, ma il potenziale umano, l’evoluzione di carne, i climax nelle storie.
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Per questo motivo non potete di certo scamparvela dal report 2020 di @arianna_lai
Ma siccome sono magnanima ve li racconto a pezzetti, questi alti e bassi del 2020.
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Li ho suddivisi in comodi punti che potete scegliere di ignorare, leggere a metà, smazzarvi in giornata o inghiottire come un chupito di tequila a inizio serata.
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Cominciamo:
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#Alti
1. Contro ogni aspettativa riesco a lasciare il lavoro - inventarmene uno - vivere dignitosamente da una delle mie passioni aiutando gli altri a fare altrettanto - pubblicare un libro - comprarmi una casa prima dei 30 anni. Boh, scritto tutto di fila è come elio per l’autostima. Specie per una che, avendo iniziato l’università a 23 anni, si sentiva SEMPRE indietro.
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2. Scopro in quarantena di saper fare le lenticchie e un ragù che tua nonna è scarsa. E fino a quel momento il mio plato estrella era la pasta coi broccoli. Ci siamo capiti.
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3. Mi sveglio a l’ora che voglio, se non mi va non mi trucco e resto tutta la giornata con il muso di un coniglio albino. Ma ho capito che sono più produttiva con il mascara. Pensate, mi basta annerire le ciglia per inserire lo sprint. L’avessi capito prima che basta così poco…
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#Bassi
1. Essere freelance butta ansia. Serve fegato, costanza, determinazione, e soldi. E quando me ne accorgo ho una quantità esigua di ciascun elemento. Fortunatamente chi la dura la vince, tutto è bene quel che finisce bene, chi fa da sé fa per tre, ah no questo non c’entra, comunque insomma, ora è tutto ok.
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[No, ce n’è decisamente più di uno. Gli altri bassi sono nei commenti]
L’anno scorso, persino durante la Vigilia, non riuscivo a smettere di rimuginare sul mio chiodo fisso: “lo lascio o no, il mio lavoro?”.
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Venivo da mesi di conflitti, incomprensioni e tensioni che terminavano in pianti nervosi negli angolini riparati della sala riunioni (se mi segui da un po’ sai di cosa parlo).
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Tuttavia non è stato facile lasciar andare quella posizione.
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Ero una responsabile, in centro a Madrid, facevo un lavoro che fino a qualche anno prima me lo sarei sognata. E non mi sentivo affatto pronta a non ricevere una quota fissa sul conto tutti i mesi. Eppure sapevo che non avevo ancora trovato la mia strada, e che non potevo continuare così a lungo.
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Oggi posso dirti, con un’immensa gratitudine nel cuore, che la sto percorrendo.
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Quella che c’è in foto non è solo una borraccia deliziosa (e in palette), ma il simbolo che quando fai qualcosa che ami puoi davvero fare la differenza.
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In questa Vigilia voglio fare un ringraziamento speciale alle prime sei pioniere che hanno scelto di farsi affiancare da me, in una strada tutta nuova che ho aperto insieme a loro.
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Ma voglio anche ringraziare te, tutti voi, che mi leggete, che mi ascoltate, e che giorno dopo giorno lottate per trovare il cammino.
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Vi abbraccio, uno per uno, e vi mando tutta l’energia positiva di cui sono capace.
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Buon Natale 🎄❤️
Cinque anni fa vivevo in affitto in una casa su due piani, con mia madre e mia sorella. Era una casa piccola, pure un po’ sgangherata, ma sempre piena d’amore.
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Avevo una macchina, una c3 di seconda mano, che mi portava in giro ovunque lo desiderassi, anche se spesso e volentieri mi lasciava a piedi.
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Il suo indicatore di benzina era rotto. Non mi segnalava mai quando era in riserva, e io non potevo di certo permettermi di fare il pieno per stare tranquilla.
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Di fatto già mettere 20 euro era una stilettata al cuore.
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Le mie giornate erano tutte uguali.
Università, biblioteca, lezioni di teatro, monetine da centellinare alle macchinette, sigarette arrotolate bene e fumate male, con la bocca arricciata. Perché in realtà mi ha sempre fatto un po’ schifo quel sapore di morte annunciata.
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A volte andavo al mare d’inverno, e restavo zitta. Provavo ad ascoltarmi, ma mi veniva paura. C’era tanto chiasso, un rumore così forte che non riuscivo a distinguere nulla. E allora lo chiamavo silenzio.
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Ero disorientata, fragile, confusa. Eppure ieri, mentre ricevevo una foto di Cagliari sul mio cellulare, ho percepito chiaramente una fitta di nostalgia.
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Ho ricordato l’odore della sabbia, l’espresso macchiato e il minestrone di mia madre, sempre con quel pizzico di peperoncino che a quei tempi detestavo, e che oggi cerco in ogni zuppa.
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Ho ricordato le uscite con mia sorella - sette anni più piccola - che difendevo come una tigre dagli sguardi indiscreti (e dai tentativi maldestri) dei miei coetanei. “Ha diciassette anni, pezzo di stronzo”. Credo di averlo detto più di una volta.
Vedevo in quella riccia così diversa da me qualcosa che ancora nemmeno lei riusciva a guardare. Non mi sono sbagliata. Era straordinaria all’epoca, ma oggi si prepara ad essere il faro nella notte di una società che si scioglie nella fluidità che la contraddistingue. Pure se per me sarà sempre la bambina in equilibrio con le buste della spesa, in piedi per la prima volta.
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Ho ricordato mia nonna, ancora lucida, che carezzava lo spazio vuoto del letto accanto a lei e mi diceva “io il suo peso qui lo sento ancora”.
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[continua nel primo commento]
Ormai, chi più chi meno, ne è consapevole: ciò che ti fa crescere su Instagram sono le menzioni.
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Ovviamente non si tratta esclusivamente di questo: senza un profilo ottimizzato, dei contenuti idonei, e tutta una serie di altre cose che non elenco (non voglio uscire fuori tema) una menzione porterà davvero pochi frutti, per quanto “grande” possa essere il profilo che l’ha generata.
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Fatta questa necessaria premessa, ciò che voglio dirvi è che, grazie alla generosità di alcune persone che hanno apprezzato pubblicamente il mio operato, ho raggiunto diversi traguardi, e non solo in termini di followers.
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Certe menzioni hanno comportato l’arrivo di nuovi clienti, il triplicarsi degli ascolti del mio podcast, nuove interazioni che si sono trasformate in collaborazioni professionali.
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E io, lo sapete, sono dell’idea che la ruota deve girare.
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Per questo motivo vi propongo una piccola iniziativa, che partirà oggi e terminerà il giorno di Natale: #tiregalounamention
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Ciò che vi chiedo di fare è di menzionare nei commenti uno o più profili che secondo voi si meriterebbero di essere menzionati nelle mie storie. Non basta il nome, dovete scrivermi anche perché, e cosa ha fatto che vi ha colpito. Tra i nomi che mi suggerirete ne sceglierò un paio ogni giorno e racconterò le loro realtà sul mio profilo. Sì, se lo reputate opportuno potete anche autocandidarvi 🙂
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L’invito lo voglio estendere anche a te: se tra i commenti trovi dei profili che credi meritino la nostra attenzione, fai altrettanto. Condividi alcuni dei loro post nelle tue storie, raccontando, spiegando, creando un filone narrativo (non basta condividere un post senza scriverci niente di personale sopra per generare traffico, lo sapevi?).
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In quel caso taggami, sarò felice di (spazio permettendo) ricondividerti 🙂
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Pronti, via!
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#natale2020 #girlpower💪
“Invecchiare è bello.”
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“Le rughe sono come la mappa del tesoro di una donna.”
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“Non toglietemi le rughe, ci ho messo una vita a guadagnarmele.”
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E tu scalci, e ti senti sbagliata perché proprio non ti ci ritrovi nel naturale e progressivo appassire del corpo, del viso, della pelle.
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Ti tocchi la fronte, la senti segnata da nuove espressioni. Verticali, percettibili, che a te non fanno sentire più affascinante, affatto.
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Ma tutti intorno a te esclamano convinti che devi accettare. Quella è la vera autostima. Assentire allo scorrere del tempo, perché noi donne siamo belle sempre, a prescindere.
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Ma esattamente, mi dite chi lo decide?
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Io amo vivere, amo crescere, amo essere più saggia e consapevole, più libera, più grata. E di certo non vado a caccia di “ne dimostri di meno”.
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Ma questo non significa che lo accetto. Né che non sto già facendo del mio meglio per amarmi anche nel mio progressivo disfacimento fisico, che, lo dico chiaro, cercherò di rallentare il più possibile con i mezzi che riterrò opportuni. Perché a me il giudizio altrui non interessa affatto. Lo decido io cosa è giusto per me.
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Potrei tenermelo per me.
Ma preferisco scriverlo.
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E lo faccio perché se negli ultimi anni ho trovato tanti manifesti sull’imperfezione perfetta, reputo di non averne trovato abbastanza sulla libertà di non piacersi per forza, la libertà di non desiderare segni sul volto, sul corpo, o almeno di non amarli.
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Io voglio essere libera di essere me, nel modo in cui io scelgo di essere me.
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Io non voglio essere perfetta.
Voglio solo invecchiare senza dover, per forza di cose, coccolare ogni vena varicosa, rotolo o macchia cutanea come se fosse il frutto sacro della quercia secolare dell’umanità.
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È chiedere troppo?
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Personalmente penso una cosa: le pressioni sociali sono tali non solo quando portano un cattivo messaggio che ci fa sentire oppresse, ma anche quando ci sentiamo giudicate per non essere in linea con la nuova corrente dominante.
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Con tutto il rispetto per chi la pensa diversamente.
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#bodyfreedom
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