05 – Multipotenziale: come costruire un personal brand solido e coerente quando hai molti interessi
#iomiproclamo
Volevo obbligarmi a scegliere, ma non ci riuscivo. Togliere una delle due componenti era come scegliere consciamente di mutilarmi un braccio.
Poi ho scoperto One person / Multiple careers nella bibliografia di un libro spagnolo che avevo comprato a inizio 2020. È un libro disponibile solo in lingua inglese e molto popolare in America, dove l’autrice Marci Alboher riporta la storia di persone che fanno due o più lavori (anche molto diversi tra loro) e sono felici così.
Da lì ho capito che potevo non scegliere. Potevo essere entrambe le cose.
La vera rivelazione però è arrivata con il TEDx di Emilie Wapnick, musicista, regista, con una laurea in legge, che ci spiega in pochi minuti perché non tutti abbiamo una sola vocazione nella vita. È grazie a lei che ho introdotto nel mio vocabolario una parola che mi ha cambiato la vita: MULTIPOTENZIALE.
Il multipotenziale è colui che ha più interessi o passioni, che si annoia a fare una cosa sola, e che spesso per questo viene accusato di essere inconcludente. Noi multipotenziali abbiamo, per via delle pressioni sociali, trascorso anni a cercare di capire cosa potremmo dedicarci a sviscerare per tutta la vita, ma non lo abbiamo trovato.
Il discorso chiave di Emilie è che noi multipotaziali dovremmo concentrarci su come abbracciare il nostro essere generalisti, l’avere tante competenze trasversali, piuttosto che sforzarci inutilmente di diventare degli specialisti in una sola materia, eclissando tutte le altre.
Emilie ha anche scritto un libro sull’argomento: How to be everything, tradotto in italiano come Diventa chi sei.
Se ti sei riconosciuto nel profilo del multipotenziale, prendi il tuo quaderno di marca e guardalo con una nuova prospettiva: non ti interessa una sola cosa, non sei una sola cosa, la tua natura è eterogenea. Va benissimo così!
Semplicemente, devi dare priorità a quelle che sono le cose che più ti rappresentano.
Ti faccio un esempio. Qualche puntata fa ti ho parlato di mia cugina, Laura. Lei è un perfetto esempio di multipotenziale. Sa scrivere, disegnare, organizzare un evento, editare un testo, e ha mille interessi che vanno dal decluttering all’oroscopo, dalla narrativa al teatro. Non sapeva come comunicare tutti questi aspetti, ma perché in realtà non sapeva nemmeno che farci, con tutte queste cose.
Dopo un percorso fatto insieme abbiamo dedotto che la sua figura professionale ideale era quella dell’assistente di creativi dal multipotenziale. Perché lei, avendo un approccio trasversale, non potrebbe mai assistere uno specialista, un tecnico. Può invece dedicarsi a sostenere una persona con la forma mentis simile alla sua.
Spesso di tratta solo di fare ordine. So che, se siete come me, vorrete fare tutto e subito. I progetti però vanno sviluppati gradualmente, e comunicati con sapienza.
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03 – Impara a fissare gli obiettivi giusti
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Potrei proporvi un lungo discorso mellifluo a base di isognisondesideri + hashtag millenial like #colmioprincipe 🤴🏻💖, ma francamente desidero solo riferire all’Arianna quattrenne che i 27 anni di attesa sono valsi la pena: nel frattempo alle tazzine rotanti hanno aggiunto il 4D e svariati Johnny Depp interattivi.
#ilprogresso
Ho perso il conto dei sogni realizzati in questa luna di miele, ma ce ne sono due che necessitano di una carrellata apposita. 🦌⚡️
#pleaserespectthespelllimits #nara #universalstudios
POV: il giorno del tuo matrimonio hai regalato una Kodak a rullino a ciascuna delle tue damigelle 📸
#matrimonio #kodak #vintage
Un post a base di giallo con una funzione estrinseca - raccontarti un altro po’ di Kyoto - e una intrinseca - flexare con prepotenza le mie nuove giappoacquisizioni 👘💛
[Ah, e un po’ di 🐒 perché sono #troppobelline e sinceramente penso ti regaleranno un po’ di buon umore 🌼🐵]
#kyoto #🍯🌙
In questa città strabiliante mi sono riconfermata una cosa: sono gialla anche nei viaggi.
Mi va bene avere una tabella di marcia, ma allo spuntare una lista preferirò sempre godermi la giornata, improvvisare, cambiare idea.
Del resto quello che mi resterà non sono i templi (me ne ricordassi mezzo di nome), o i mille mila Torii (di cui di base terrò presente la fatica immane per arrivare in cima con 30 gradi) di per sé, ma l’esperienza, quello che ho sentito nel camminare per quelle vie, il senso di pace, o euforia, o gioia, o sorpresa.
E francamente ciò che porterò con me di questi primi due giorni a Kyoto è proprio l’unica cosa che non era in programma (e che viene da un azzeccatissimo suggerimento di una di voi): la passeggiata nel Sentiero del filosofo (la foto dove sono immersa nel verde), sentiero che abbiamo raggiunto a piedi beccando così un seminascosto negozio vintage di kimono (A D O R O).
Ultimo concetto da traveler (questa volta non basic ma radical chic) bitch: peferirò sempre vagare a seguire un tracciato prestabilito, specialmente se il suddetto implica strade brulicanti di turisti (di cui parlo con sdegno essendone io una, brava cretina) e l’Improvvisare un fiammante Kimono di seta Made in Japan (quello in foto è per mamma, ma anche il mio non scherza 👘).
O no?
(Attendo i non gialli e le loro liste al varco).
#kyoto #kyoto_style #🍯🌙
Oggi, ultimo giorno di questo primo round a Tokyo, la faccio breve:
🌙La me di 4 anni è entusiasta, ai limiti del collasso per il tripudio.
🌙La me di 31 ha capito che se por casualidad de la vida dovesse vivere in un paese con i water computerizzati, le infrastrutture del futuro e il sushi a pranzo e cena per un periodo circoscritto della propria esistenza, bah, ci si potrebbe abituare.
Anzi, riformulo, dove devo firmare?
#tokyo #🌙🍯 #unacombattentechevesteallamarinara
Tokyo II: cat caffè a Takeshita street (felice io🐈🐾), santuario Meiji, Yoyogi park, Akibahara city (o frikilandia/nerdolandia), Shinjuku e Golden Gai (ma sono io o in giapponese suona tutto molto fancy?).
Da mettere in evidenza:
1. Se trovi i peperoncini di peluche appesi in un bar, è perché con tutta probabilità morirai incendiato nell’intento di deglutire il 90% delle pietanze disposte sul tavolo.
2. Non basta essere una bimba di Sailor Moon per tollerare dieci piani di statuine di resina.
3. La metro di Tokyo è una bomba almeno quanto gli outfits di chi la usa.
4. Se leggi il decalogo della basic bitch in Giappone trovi nell’elenco un caffè ghiacciato da bere rigorosamente su un rooftop stile Tokiu Plaza e accarezzare un cucciolo di persiano con addosso delle pantofole sterilizzate.
5. Altro che vestirsi a strati, sto cambiando più outfit in un giorno io che una Barbie Malibu. E chi se lo ricordava com’era la primavera?
Per ulteriori riferimenti visivi: album stories “Tokyo II”.
Alla prossima puntata.
Xoxo
アリアンナ 💋
Le prime 24h a Tokyo iniziano con una scampagnata per Shibuya (bello l’incrocio, ma Mewtwo a bagnomaria batte ogni cosa, forse persino il sushi), proseguono con un terremoto magnitudo 5.2 alle 4 del mattino (ha suonato una sirena nel cellulare FORTISSIMA che mi ha fatto prendere un infarto, poi ha vibrato tutta la stanza per circa 3 secondi, dopodiché sono morta cerebralmente ricordo solo che Javi sereno perso mi fa “ah, hai visto come funziona bene? Ti avvisa subito persino l’iPhone!” per poi mettersi a guardare video di calcio mentre io regalavo anni di vita alle parche), una passeggiata alle sette del mattino perché tanto ecchidormepiù al tempio Senso-ji (pazzesko, pure se ho speso 200y per farmi dire da due foglietti diversi che avrò BAD LUCK, ma poi li ho annodati entrambi nella bacheca delle sfighe e quindi in teoria sono salva o almeno spero) e una nel parco di Ueno.
Infine, dopo n3 templi buddisti sparsi nel verde, abbiamo visitato per caso una sala di pachinko, tipo di luogo infernale dove decine e decine di nippononnini si fondono la pensione in tutta scioltezza (allego video).
Che dire, ‘sta honey moon è partita col botto.
Anzi, sarebbe il caso di dire col sisma.
#giappone #giorno1 #lunadimiele
#tokyo
“La prima volta che ti ho visto era un mercoledì di Novembre, rievocato nei nostri racconti decine, magari centinaia di volte.
Io una studentessa Erasmus con il cuore bendato e una giacca nera che sembrava il tappetino del bagno, tu un impiegato con la camicia a quadri e un paio di basette improponibili, ma gli occhi sinceri.
Ti ho capito subito: tu eri vero, pulito, senza filtri. Quello che c'era, era davanti a me.
Chi mi conosce lo sa bene, per tutta la vita ho cercato una squadra.
Volevo l'amore, quello complice, sereno, fatto di affetto e piccole cose, e io lo sapevo che da qualche parte esisteva la persona che mi avrebbe scelta e voluta esattamente per quello che sono (loca).
Qui, davanti a tutti, voglio dirti grazie per avermi fatto dono fin dal principio di un amore incondizionato.
Sì, incondizionato.
Perché tu non mi hai amato solo quando ero sulla cresta dell'onda, allegra, sorridente, sul pezzo.
Tu mi hai amato quando perdevo il nord e se mi parlavi davo errore 404 not found, quando ho fatto arrivare bollette stellari perché sono entrata in fissa con le torte al cioccolato e quando volevo vedere l'ennesimo film drammatico che sapevi a te avrebbe fatto schifo.
Tu ci sei sempre stato, per dirmi che ero brava, capace, intelligente.
Tu hai creduto in me persino quando io ho smesso di farlo, e se c'era un fardello da portare, l'hai portato insieme a me, senza esitare.
Tu sei la prima persona con cui sono riuscita a ballare senza provare imbarazzo. Con te sono me, e nel mentre mi ammazzo pure dalle risate.
Perché non c'è nessuno al mondo che mi faccia ridere come te, che mi faccia sentire così capita, accolta, rispettata, benvoluta.
Tu sei il "succede solo nei film", ma nella vita reale.
Sei la prova che non mi sbagliavo a volere di più, e che a volte l'istinto funziona molto
meglio della ragione.
Perché chi l'avrebbe mai detto che la studentessa Erasmus sei anni dopo si sarebbe sposata con il sivigliano a cui aveva inviato un biglietto di sola andata per Cagliari soltanto due mesi dopo averlo conosciuto?
Sai chi?
Noi.
Noi l'abbiamo detto.
E ci abbiamo creduto.”
📸 @montalbanoweddings ❤️